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NOTIZIE

Sospensione dell'attività in caso di irregolarità fiscale

Irregolarità fiscale

La Corte di Giustizia Amministrativa della Sicilia, con la pronuncia della sentenza n. 338 del 23 aprile 2025, si è posta almeno in parte in contrasto con la posizione del Consiglio di Stato sostenuta nella sentenza 8875/2022, per quanto riguarda la sospensione dell'attività in caso di irregolarità fiscale.

La Corte stabilisce che il potere in capo ai Comuni di negare il rilascio, il rinnovo o la permanenza in esercizio dell'autorizzazione commerciale nel caso di irregolarità nel pagamento dei tributi locali richiede la necessità di essere di fronte a violazioni definitivamente accertate. L'irregolarità fiscale non può portare alla revoca dell'autorizzazione in qualsiasi momento.

Inoltre, nella sentenza viene affermato che, allorquando la norma fa riferimento al rilascio, al rinnovo o alla permanenza dell'autorizzazione, non vuole legittimare la possibilità di procedere alla verifica con l'eventuale blocco dell'attività in qualsiasi momento, bensì solo nei casi di rilascio o rinnovo dell'autorizzazione e presentazione della SCIA.

La sentenza fa riferimento alla disposizione dell'articolo 15-ter del D.L. 34/2019 la quale, nell'intento di rafforzare gli strumenti a disposizione degli enti locali per combattere l'evasione nel pagamento dei tributi comunali, ha consentito ai Comuni di prevedere, con apposita norma regolamentare, che il rilascio, il rinnovo o la permanenza in esercizio delle attività commerciali o produttive siano subordinati alla regolarità nel pagamento dei tributi locali. La Corte ha sottolineato che tale norma di riferimento è estremamente generica, limitandosi a richiamare una semplice irregolarità del pagamento dei tributi locali e lasciando, almeno apparentemente, agli enti locali ampia discrezionalità.


Chi scrive ritiene corretto l'orientamento della Corte siciliana, in quanto il potere del Comune esercitato di fronte al semplice mancato pagamento di tributi, in assenza di contestazione delle violazioni e prescindendo dalla sua gravità, priverebbe l'impresa di qualsiasi tutela. Il motivo è semplice: poche imprese, di fronte alla minaccia di dover interrompere l'attività, andrebbero probabilmente a contestare la pretesa nelle sedi competenti, risultando il contenzioso economicamente non conveniente in queste circostanze.


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