Blocco delle licenze commerciali: la giurisprudenza amministrativa impone paletti rigidi al contrasto all'evasione fiscale
- Michela Macalli

- 12 nov
- Tempo di lettura: 1 min

L’art. 15-ter del Decreto Legge n. 34/2019 ha introdotto una significativa facoltà per gli Enti Locali, modificando il rapporto tra la regolarità contributiva dei richiedenti e il rilascio di titoli autorizzativi per attività produttive e commerciali. La disposizione conferisce infatti ai Comuni la potestà di subordinare il rilascio, il rinnovo o la permanenza in esercizio di licenze, autorizzazioni, concessioni e l’efficacia delle SCIA (Segnalazioni Certificate di Inizio Attività) concernenti attività commerciali o produttive alla previa verifica dell’avvenuto regolare pagamento dei tributi locali da parte dei soggetti richiedenti.
L'esercizio di tale potere non è automatico, ma richiede l’adozione di un’apposita disciplina regolamentare che definisca i criteri di applicazione della verifica. Tale regolamento rientra nella competenza esclusiva dell’organo consiliare dell'Ente.
Con la sentenza n. 338/2025, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia, ha stabilito però limiti precisi all'azione discrezionale dell'Ente, vincolando l’eventuale diniego di rinnovo/permanenza dell'attività a due condizioni imprescindibili relative all'irregolarità tributaria:
la gravità della violazione che deve essere dettagliatamente definita nel regolamento comunale;
la definitività dell'accertamento, nel senso che l'irregolarità non deve più essere soggetta a ricorsi, impugnazioni o contenziosi pendenti.
In conclusione quindi, l'art. 15-ter rappresenta uno strumento di pressione fiscale indiretta a disposizione dei Comuni, ma il suo impiego è strettamente condizionato sia dall'adozione di un quadro normativo interno rigoroso, sia dal rispetto dei principi di proporzionalità e definitività stabiliti dalla giurisprudenza amministrativa.
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