TARI: divieto di integrazione postuma della motivazione dell’accertamento
- Dario Tansini

- 16 set
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La Cassazione, con l’ordinanza 21875 del 29 luglio scorso si è espressa sul tema dell’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento Tari ribadendo il cosiddetto divieto di integrazione postuma, già presente nell’ordinamento, e reso espresso dal legislatore della riforma fiscale.
L’articolo 7, comma 1 dello Statuto del contribuente sancisce che gli atti emessi dalle amministrazioni fiscali devono essere motivati dai presupposti di fatto e dalle ragioni di diritto che ne hanno determinato l’emissione. In particolare, per quanto riguarda i tributi locali, tale principio è stato recepito dall’articolo 1, comma 162, della legge 296/2006.
Nella recente ordinanza la Suprema Corte ha illustrato come l’obbligo motivazionale dell’accertamento Tari possa ritenersi adempiuto per relationem con il solo richiamo alla deliberazione comunale delle tariffe, laddove l’emissione dell’atto sia ascrivibile alla variazione della superficie tassabile, della tariffa o della categoria. Ciò è anche sufficiente «al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile». Tuttavia, ove il disconoscimento dell’agevolazione fiscale derivi dal verificarsi, o meno, di una situazione di fatto, la motivazione deve essere espressa e tale obbligo «deve essere rispettato ab origine e non nel corso del giudizio, essendo un requisito intrinseco dell’atto impositivo».


